>Esistono diverse ragioni per scrivere un articolo
scientifico. Lo si può fare per il semplice piacere personale,
per rendere più corposo il proprio Curriculum
Vitae (CV), per promuovere se stessi o le proprie attività,
per stimolare un progetto, per ottenere avanzamenti
di carriera (niente pubblicazioni, niente promozione)
e per ottenere più facilmente dei finanziamenti.
La ragione più nobile è, senza ombra di dubbio, il desiderio
di accrescere in tal modo il sapere della collettività
(nel nostro caso ampliare le conoscenze della comunità
scientifica).
Scrivere non è semplice, scrivere un articolo su un
lavoro originale di ricerca lo è ancora meno. Ciò premesso,
la prima cosa che il potenziale autore si deve
chiedere è: vale la pena di scrivere ”proprio questo lavoro“?
Sono stati già riportati in letteratura internazionale
simili risultati? Esiste veramente la necessità di
un nuovo articolo sullo stesso soggetto? Appaiono i risultati
del nostro studio più convincenti? Per valutare
l’importanza di un articolo in gestazione dovremmo
sempre applicare la regola che gli anglosassoni denominano
il so-what test. È un bagno di umiltà. Ma è meglio
farlo noi da subito che aspettare che ci venga fatto
fare da un reviewer di una rivista peer-reviewed. Come
vedremo quando ci occuperemo del processo di peer review,
queste sono le prime domande che l’Editor di
un giornale chiede ai suoi reviewer.
Scrivere è, comunque, una attività non solo nobile
ma necessaria. Fa parte del nostro processo di conoscenza:
non potremmo mai dire di conoscere realmente
un determinato campo della scienza se non abbiamo contribuito con il nostro lavoro allo stesso.
È, in parallelo, la logica ed il percorso del processo di formazione (apprenticeships) dei residency program americani, così come ideato da Halsteadt alla Johns Hopkins Medical School di Baltimora e poi diffusosi in tutto il Nord America: see one, do one, teach one: l’apprendimento finisce ove si è in grado di insegnare (scrivere) come si faccia o cosa sia ciò che abbiamo appreso. L’autore deve sempre riuscire a mantenere una visione globale di quanto sta scrivendo e dell’intero progetto di lavoro. Deve allo stesso tempo mantenere un approccio strutturale e analitico. Ma innanzi tutto deve essere consapevole della tempistica. Se parliamo di un lavoro a stampa originale su una ricerca o un trial clinico, sia esso randomizzato o non, i tempi possono variare (incluso il tempo per completare lo studio) dai 18 ai 44 mesi in media. Si considerano in questo calcolo i 6-24 mesi per impostare e completare lo studio o la ricerca, i 6-8 mesi per scrivere, inviare ed eventualmente re-inviare l’articolo e i 6-12 mesi per la sua pubblicazione. Quello che interessa ad un autore sono, ovviamentei tempi di pubblicazione di un proprio lavoro dal momento del suo invio. Questi, quantizzati considerando l’attuale impiego di Internet per svolgere tutti i processi di revisione editoriale, sono riportati nella Tabella II come range min. e max. di attesa. Scrivere un lavoro scientifico richiede metodo. Metodo significa non solo come scrivere il lavoro di per sé, ma anche quando, cosa (la tipologia del lavoro), dove (su che rivista), per chi (a chi si vuole indirizzare il messaggio). È fondamentale porsi subito queste domande e darsi delle risposte certe. Questo farà guadagnare tempo e, soprattutto, si eviterà di inviare un lavoro ad una rivista il cui target in termine di lettori e argomenti trattati non sia in linea con quanto abbiamo prodotto, provocando un conseguente quasi sicuro rifiuto.
Premessa allo scrivere è il leggere. Leggere sull’argomento
di cui si deve scrivere, valutando criticamente tutta la letteratura internazionale
Tipologia del lavoro | Tempi di attesa | |
Lettera all’Editore | 4-12 settimane | |
Editoriale | 3-6 mesi | |
Review | 6-12 mesi | |
Case Report | 6-12 mesi | |
NRCT | 6-18 mesi | |
RCT | 6-18 mesi | |
RCT di rilevanza fondamentale | < 6 mesi |
NRCT: Non-randomised controlled trial |
RCT: Randomised controlled trial |
a cui poi si potrà fare riferimento, è essenziale. Aiuta non solo a conoscere la materia approfonditamente ma anche a individuare modelli di scrittura da evitare o, in positivo, da imitare. Della ricerca bibliografica si tratterà in seguito, tuttavia è importante ricordarsi che solo una lettura scientifica assidua riesce a indirizzare in maniera corretta un autore e, quindi, solo dopo aver fatto propria la letteratura presente su un determinato argomento si deve iniziare a elaborare il proprio manoscritto. È importante trovare il tempo per scrivere, ritagliarsi uno spazio nell’arco della giornata, magari anche solo di 30 minuti, in cui dedicarsi a questa attività se si preferisce farlo la sera o la notte piuttosto che nella fascia di lavoro in ospedale, nell’istituto universitario o magari durante un convegno cui partecipiamo, non fa differenza. Una volta stabilita la fascia oraria in cui scrivere, cercare sempre di rispettare questo impegno. Per iniziare a scrivere un lavoro scientifico non c’è bisogno di aspettare l’ispirazione. Né è necessario seguire sempre l’ordine che poi il lavoro avrà nella sua stesura definitiva. Raccogliere le idee che man mano vengono e metterle su carta (metaforicamente presa per il proprio PC), anche se in maniera non strutturata, può essere un buon inizio. Si è già detto che scrivere è difficile. L’abitudine a scrivere rende questo compito solo un po’ meno difficoltoso ma comunque sempre impegnativo. È certo che via via si scrivono le frasi, si arriva ad ottenere una fluidità e una speditezza nella scrittura sempre maggiori. Un grosso stimolo alla scrittura è rappresentato dalle deadline (i termini) poste dall’editore o da determinate contingenze. Arriva il momento che il lavoro è finito. Molti autori, specialmente quelli più scrupolosi, non vorrebbero mai finire il lavoro di editing e di limatura nell’intento di migliorare sempre più il proprio scritto. Questa lodevole pratica può, tuttavia, rappresentare un limite, non facendo mai ritenere pronto per l’invio alla rivista prescelta il proprio manoscritto.In questi casi è, probabilmente, meglio affidarsi a revisori editoriali esterni che diano un taglio definitivo al manoscritto rendendolo pronto per la pubblicazione. Se la rivista prescelta è in lingua inglese, è senza dubbio preferibile stendere il lavoro direttamente in questa lingua. La revisione sintattica e grammaticale potrà essere fatta in un secondo tempo. Bisogna poi considerare che, a meno di aver scritto il testo in un linguaggio incomprensibile, la non perfetta padronanza della lingua non è vista come motivo di rifiuto del lavoro da parte dell’Editor di un giornale scientifico: tutte le riviste hanno una segreteria e dei revisori editoriali che provvederanno a dare al lavoro inviato da un autore straniero la giusta forma sintattica e grammaticale.
La scelta della tipologia di un manoscritto a volte
dipende dalla nostra volontà, altre volte da esigenze
esterne (il messaggio che si vuole dare, i lettori che si
vuole raggiungere), altre dal tipo di studio clinico o di
ricerca che si è portato/a a termine.
Si riconoscono differenti tipologie di manoscritti,
elencate nella Tabella III: l’impegno richiesto per completarli
e la loro rilevanza sono indicati a latere. Articoli
pubblicati, così come le riviste che li pubblicano, si
dividono in 2 categorie: articoli primari, quelli che sono
andati incontro a processo di peer-review, e secondari,
Tipo di manoscritto | Difficoltà | Rilevanza |
Abstract per Meeting Scientifico | 1 | 1 |
Lettera all’Editore | 2 | 2 |
Editoriale | 2 | 2 |
Capitolo di libro di testo | 2 | 2 |
Qualitative Review | 3 | 3 |
Systematic Review | 4 | 4 |
Case Report / Immagini | 2 | 2 |
Case Series | 3 | 3 |
NRCT | 3-4 | 3-4 |
RCT | 5 | 5 |
Metanalisi da studi individuali | 4 | 4 |
Metanalisi da dati individuali di pazienti | 5 | 5 |
NRCT: Non-randomised controlled trial |
RCT: Randomised controlled trial |
quelli pubblicati senza essere stati sottoposti a questo processo. A loro volta gli articoli che vanno incontro a processo di peer-review sono per importanza suddivisi in: primari, le ricerche originali, secondari, le review, e terziari, gli abstract o capitoli di libri di testo. Nel riportare su un manoscritto i risultati di una ricerca originale bisogna che questi siano il portato di una valutazione del nesso di causalità. Quest’ultimo è caratterizzato da 4 elementi: associazione, precedenza, veridicità e plausibilità. È proprio sulla accuratezza nella valutazione del nesso di causalità che si fonda la gerarchia dell’evidenza propria della EBM. Il livello di evidenza secondo il grading di Oxford verrà trattato nell’ambito della ricerca bibliografica: il grado di raccomandazione di un lavoro, ovvero la sua attendibilità e conseguentemente la possibilità che ha di indirizzare eventuali scelte cliniche (diagnostiche o terapeutiche) da parte del lettore, è strettamente correlato ad esso. Tanto sarà alto il livello di evidenza del lavoro scientifico, tanto sarà valutata importante la ricerca che ne è alla base.
Può sembrare strano ma più spesso di quanto si pensi un manoscritto viene respinto dall’Editor di una rivista solo perché non adatto al taglio editoriale della stessa. Rimanendo in ambito chirurgico, esistono giornali assolutamente specialistici come, ad esempio, Liver Transplant o Surgical Endoscopy che sono contraddistinti da un IF elevato (rispettivamente 3,751 e 2,242 nel 2007) e dall’essere focalizzati rispettivamente su tutto quanto riguarda, dalla ricerca di base alla pratica clinica, i trapianti di fegato e tutto ciò che è chirurgia mini-invasiva e tecnologie ad essa applicate. Esistono riviste chirurgiche di più ampio respiro come Annals of Surgery (la rivista chirurgica contraddistinta dal più alto IF, 7,446 nel 2007) che pubblica articoli che spaziano tra tutte le specialità chirurgiche e possono riguardare sia studi clinici che ricerca di base connessa alla pratica chirurgica. Esistono riviste chirurgiche che raggiungono un grande numero di lettori, spesso non specialisti, come Archives of Surgery (rivista chirurgica dell’American Medical Association, IF 3,485 nel 2007) in cui gli articoli pubblicati sono contraddistinti dal vasto interesse che un determinato argomento può suscitare nella comunità scientifica in senso lato e non solo negli ”addetti ai lavori“. Esistono riviste che hanno carattere monotematico, ad esempio MITAT (Minimal Invasive Therapy and Allied Technologies) il cui IF è notevolmente cresciuto nel 2008 portandosi a 1,611 e che è contraddistinta dal fatto che ogni numero è un topic issue portandosi a 1,611 e che è contraddistinta dal fatto che ogni numero è un topic issue ovvero è centrato su un argomento specifico con articoli che vengono generalmente richiesti dal Co-Editor, per quello specifico numero, a esperti di fama e in cui lo spazio per i free papers è, conseguentemente, più limitato. Vi sono poi riviste non propriamente chirurgiche che lasciano spazio ad articoli chirurgici contraddistinti da eccellenza e dall’essere potenzialmente delle pietre miliari in qualche specifico settore della chirurgia e, in senso lato, della scienza medica: l’esempio principe è rappresentato dal New England Journal of Medicine, con un IF (52,589 nel 2007) che nessuna rivista squisitamente chirurgica potrà mai raggiungere, ma anche da JAMA (Journal of the American Medical Association, IF 25,547 nel 2007) o Lancet (IF 28,638 nel 2007). Esistono, infine, riviste scientifiche di grande divulgazione che non sono dedicate alla medicina ma a tutte le scienze e che possono dare spazio ad articoli chirurgici se contraddistinti ancora una volta da eccellenza e, soprattutto, innovazione: le due principali sono Science e Nature (IF rispettivamente 26,372 e 28,751 nel 2007). È importante che si valuti sin dall’inizio, da prima di incominciare a scrivere il proprio manoscritto, quale sarà la rivista alla quale si desidera inviarlo una volta compiuto il lavoro. La scelta dovrà essere fatta sulla base dell’importanza del lavoro stesso (è più facile che un Randomized Controlled Trial [RCT] venga accettato da una rivista con alto IF piuttosto che un case report), dell’argomento trattato (perché mai inviare una case series con i risultati di una procedura chirurgica open a Surgical Endoscopy?) e del taglio editoriale del lavoro (review piuttosto che studio originale). La scelta iniziale del giornale cui indirizzare il proprio lavoro è poi essenziale per attenersi alle istruzioni per gli autori che contraddistinguono quella determinata rivista. La tipologia di lettori cui ci si vuole rivolgere è altrettanto importante: se l’argomento trattato sarà strettamente specialistico, ancorché di assoluto livello, la propria ricerca originale troverà difficilmente spazio su riviste con carattere divulgativo o che raggiungono una popolazione di medici generici o internisti interessati sì a novità chirurgiche ma meno a ricerche con scarso impatto immediato sulla pratica clinica quotidiana.
Negli uniform requirements concordati da tutte le
maggiori riviste medico-chirurgiche (per intenderci quelle che fanno parte del gruppo di Vancouver 5), un
manoscritto inviato per una valutazione e la conseguente
eventuale pubblicazione deve essere steso seguendo
il cosiddetto algoritmo IMRAD che è un acronimo che
sta per Introduction, Methods, Results e Discussion. La
Tabella IV mostra l’algoritmo IMRAD espanso, ovvero
quali punti debbono essere toccati nella stesura di
ogni sezione di un manoscritto. Questi requisiti non
solo formali ma sostanziali di un lavoro da pubblicare
vengono riportati in inglese, poiché tutte le riviste del
gruppo di Vancouver sono in lingua inglese; tuttavia
detto algoritmo dovrà essere seguito anche per qualsiasi
lavoro inviato a riviste italiane. Come strutturare un
articolo scientifico verrà spiegato in dettaglio successivamente.
È utile sapere sin d’ora che esistono linee
guida consigliate per i contributi scientifici di maggiore
rilievo. Queste sono il CONSORT (Consolitaded
Standard of Reporting Trials) statement per i RCT, il
QUOROM (Quality of Reports of Meta-Analyses of
Randomised Controlled Trials) statement per le metanalisi
di RCT e la MOOSE (Meta-Analyses of Observational
Studies in Epidemiology) checklist per le metanalisi
di studi osservazionali (Non-Randomised Controlled
Trial - NRCT).
Il CONSORT standard è stato pubblicato su JAMA
nel 2001 (JAMA 2001; 285: 1987-91) dal CONSORT
Group. La Tabella V riporta i punti che devono essere inclusi e trattati quando si presenta su stampa un RCT.
Introduzione | Background Limitations of current evidence Study hypothesis |
Metodi | Design Patients Procedures Follow-up End-points Additional analyses Statistical analysis |
Risultati | Baseline and procedural data Early outcomes Mid-to-long term outcomes Additional analyses |
Discussione | Summary of study findings Implication of the present study Avenues for further research Limits of the present study Conclusion |
Nel 1999 su Lancet è stato pubblicato il QUOROM
statement da parte del QUORUM Group (Lancet 1999;
354: 1896-1900). Il gruppo, formato da 30 tra epidemiologi,
clinici, statistici, editori e ricercatori, ha elaborato
una checklist organizzata in 21 rubriche da seguire
per presentare su stampa in maniera corretta e
completa una metanalisi, attraverso le classiche sezioni
abstract, introduzione, metodi, risultati e discussione.
Le linee guida MOOSE sono state proposte dal
MOOSE Group e pubblicate nel 2000 su JAMA (JAMA
2000; 283: 2008-12) e contengono le specifiche per
strutturare al meglio una metanalisi di NRCT. La Tabella
VI riporta la checklist proposta dal MOOSE Group.
Al di là dei principi specifici esistono delle norme
da seguire nella stesura di un articolo medico in lingua
inglese che attendono alla costruzione dei periodi, all’uso
dei tempi e all’uso proprio e improprio di alcuni
termini. Può essere utile leggere l’AMA (American
Medical Association) Manual of Style e, infine, consultarsi
con qualcuno che si occupi professionalmente di
revisione editoriale. Di seguito vengono riportati alcuni
principi generali cui cercare di attenersi:
1. Le frasi in inglese devono essere chiare, un concetto
per frase, possibilmente in forma attiva, evitando
troppi aggettivi e descrizioni e ogni forma di verbosità,
impiegando non più di 22 parole per frase. Utilizzare
la costruzione ”soggetto-verbo-complemento
oggetto“, ricordando che parole concrete sono
preferibili a parole astratte e che termini specifici
sono preferibili a termini generici. I vari paragrafi
devono essere tra loro concatenati con una giusta
transizione.
2. Usare i termini men e women e non males e females
sostantivati. Questi termini possono essere impiegati
solo in qualità di aggettivi. Usare solo il termine
died per indicare un paziente che è morto, il termine
killed, e non sacrificed or terminated per indicare
che in uno studio su animale l’animale è stato sacrificato.
Utilizzare before a posto di prior to e preferire
caused by a due to e because of.
3. Nell’uso dei tempi verbali nell’inglese scientifico
ricordarsi di usare :
Section and Topic | Item | Descriptor |
Title and Abstract | 1 | How participants were allocated to interventions (eg. ”random allocation“, ”randomized“ or ”randomly assigned“) | Introduction Background | 2 | Scientific background and explanation of rationale | Methods Participants | 3 | Eligibility criteria for participants and the setting and locations where the data were collected | Interventions | 4 | Precise details of the interventions intended for each group and how and when they were actually administered | Objectives | 5 | Specific objectives and hypotheses | Outcomes | 6 | Clearly defined primary and secondary outcome measures and, when applicable, any methods used to enhance the quality of measurements (eg. multiple observations, training of assessors) | Sample size | 7 | How sample size was determined and, when applicable, explanation of any interim analyses and stopping rules | Randomization Sequence generation | 8 | Method used to generate the random allocation sequence, including details of any restriction (eg. blocking, stratification) | Allocation concealment | 9 | Method used to implement the random allocation sequence (eg. numbered containers, or central telephone), clarifying whether the sequence was concealed until interventions were assigned | mplementation | 10 | Who generated the allocation sequence, who enrolled participants, and who assigned participants to their groups | Blinding (masking) | 11 | Whether or not participants, those administrating the interventions, and those assessing the outcomes were blinded to group assignment. If done, how the success of blinding was evaluated | Statistical methods | 12 | Statistical methods used to compare groups for primary outcome(s); methods for additional analyses, such as subgroup analyses and adjusted analyses | Results Participant flow | 13 | Flow of participants through each stage (diagram is strongly recommended). Specifically, for each group report the numbers of participants randomly assigned, receiving intended treatment, completing the study protocol, and analyzed for the primary outcome. Describe protocol deviations from study as planned, together with reasons | Recruitment | 14 | Dates defining the periods of recruitment and follow-up | Baseline data | 15 | Baseline demographic and clinical characteristics of each group | Numbers analyzed | 16 | Number of participants (denomination) in each group included in each analysis and whether the analysis was by ”intention-to-treat“. State the results in absolute numbers when feasible (eg. 10/20, not 50%) | Outcomes and estimation | 17 | For each primary and secondary outcome, a summary of results for each group, and the estimated effect size and its precision (eg. 95% confidence interval) | Ancillary analyses | 18 | Address multiplicity by reporting any other analyses performed, including subgroup analyses and adjusted analyses, indicating those prespecified and those exploratory | Adverse events | 19 | All important adverse events or side effects in each intervention group | Comment Interpretation | 20 | Interpretation of the results, taking into account study hypotheses, sources of potential bias or imprecision, and the danger associated with multiplicity of analyses and outcomes | Generalizability | 21 | Generalizability (external validity) of the trial findings | Overall evidence | 22 | General interpretation of the results in the context of current evidence |
A Proposed Reporting Checklist for Authors, Editors and Reviewers of Meta-analyses of Observational Studies | Reporting of background should include |
Problem definition |
Hypothesis statement |
Description of study outcome(s) |
Type of exposure or intervention used |
Type of study designs used |
Study population |
Reporting of search strategy should include |
Qualifications of searchers (eg. librarians or investigators) |
Search strategy, including time period included in the synthesis and keywords |
Effort to include all available studies, including contact with authors |
Databases and registries searched |
Search software used, name and version, including special features used (eg. explosion) |
Use of hand searching (eg. reference lists of obtained articles) |
List of citations located and those excluded, including justification |
Method of addressing articles published in languages other than English |
Method of handling abstracts and unpublished studies |
Description of any contact with authors |
Reporting of methods should include |
Description of relevance or appropriateness of studies assembled for assessing the hypothesis to be tested |
Rationale for the selection and coding of data (eg. sound clinical principles or convenience) |
Documentation of how data were classified and coded (eg. multiple raters, blinding, and interrater reliability) |
Assessment of confounding (eg. comparability of cases and controls in studies where appropriate) |
Assessment of study quality, including blinding of quality assessors; stratification or regression on possible predictors of study results |
Assessment of heterogeneity |
Description of statistical methods (eg. complete description of fixed or random effect models, justification of whether the chosen models account for predictors of study results, dose-response models, or cumulative meta-analysis) in sufficient detail to be replicated |
Provision of appropriate tables and graphics |
Reporting of results should include |
Graphic summarizing individual study estimates and overall estimate |
Table giving descriptive information for each study included |
Results of sensitivity testing (eg. subgroup analysis) |
Indication of statistical uncertainty of findings |
Reporting of discussion should include |
Quantitative assessment of bias (eg. publication bias) |
Justification for exclusion (eg. exclusion of non-English-language citations) |
Assessment of quality of included studies |
Reporting of conclusion should include |
Consideration of alternative explanations for observed results |
Generalization of the conclusions (ie. appropriate for the data presented and within the domain of the literature review |
Guidelines for future research |
Disclosure of funding source |
Questo argomento é al contempo importante e delicato.
Sembrerebbe ovvio sapere e saper definire immediatamente
chi é l’autore di un lavoro scientifico. Nella
realtà, soprattutto in Italia, non sempre ci si attiene a
quelle norme che nei paesi anglosassoni sono state
sancite addirittura con la creazione di ad hoc committee,
come nel caso della American Society of Radiology.
Autore é colui che scrive il manoscritto, questo é
sicuro. Ma autore é anche colui che esegue una determinata
azione o compito. Nella sua accezione estesa
rientrano quindi tra gli autori di un lavoro non solo coloro
che materialmente ne scrivono il testo ma anche
l’ideatore di un progetto di ricerca, coloro che sono
stati coinvolti nelle varie fasi della ricerca stessa, sapendo
sin dall’inizio che i risultati sarebbero stati pubblicati
e coloro che svolgono all’interno del team le
analisi statistiche o il lavoro di revisione o di editing.
Nelle linee guida di Vancouver viene definito autore
colui che ”dovrebbe aver partecipato in modo sufficiente
al lavoro, così da potersi prendere la responsabilità
pubblica dei suoi contenuti“.Una delle principali caratteristiche di un autore o
co-autore é, oltre all’onore di avere il proprio nome
pubblicato su una rivista scientifica, l’onere rappresentato
dalla responsabilità di quello che sul lavoro é
scritto. È quindi essenziale che tutti gli autori siano a
conoscenza dei dati riportati sul lavoro e delle eventuali
conclusioni e abbiano la possibilità di commentarli.
La responsabilità di un lavoro deve essere condivisa
tra i vari autori: questo é da tener presente in caso
di pubblicazioni fraudolente. In alcuni casi può essere
specificata l’entità del contributo dei singoli autori.
Uno di questi deve essere anche il garante della serietà
e della validità del lavoro inviato per la pubblicazione.
Normalmente il primo nome (la posizione più ambita)
spetta a colui che redige il manoscritto. Il secondo e
il terzo nome vanno a coloro che maggiormente insieme
al primo autore hanno contribuito allo studio. Sono
queste, in ordine, le 3 posizioni principali, in quanto
per articoli con più di 6 autori, alcune riviste hanno la
policy di citare esclusivamente i primi 3 seguiti da un
et al. al posto della citazione per esteso degli altri coautori.
L’ultima posizione é, generalmente, riservata al
ricercatore più importante, al direttore di un istituto o
al titolare di una cattedra, alla persona che per ruolo e
considerazione professionale funge da garante della
bontà del lavoro. Essendo la figura del garante importante,
dovrebbe essere deciso sin dall’inizio il suo nome.
In molte situazioni, soprattutto accademiche, é intuitivo
sapere chi coprirà il ruolo di garante. Più importante
stabilirlo nel caso di studi multicentrici o in
progetti di ricerca che coinvolgono scienziati o ricercatori
di diverse discipline.
Esiste infine spesso, al termine di un articolo scientifico,
una sezione denominata in inglese aknowledgements.
Questo spazio é riservato ai ringraziamenti e ai
riconoscimenti per quelle persone o istituzioni pubbliche
o private che, pur non partecipando direttamente al
lavoro, hanno contribuito alla sua realizzazione.
>
1. La Evidence-Based Medicine (EBM) si prefigge di applicare
le regole della evidenza, ottenuta mediante metodi scientifici, a
settori della medicina e in particolare della pratica medica. Essa
ricerca la valutazione della qualità della evidenza a sua volta
importante per stabilire i rischi e i benefici dei trattamenti clinici.
Secondo il Centre for Evidence-Based Medicine ”la EBM
é l’uso meticoloso, esplicito e coscienzioso della attuale migliore
evidenza scientifica nel prendere decisioni sulla gestione
e cura di soggetti malati“. Impiegando strumenti analitici utilizzati
normalmente in molte discipline scientifiche, in ingegneria
e in statistica, quali la metanalisi e le systematic reviews della letteratura medica, la analisi dei rischi-benefici, i trial
randomizzati controllati (RCTs), la EBM si propone idealisticamente
che tutti i professionisti che lavorino nel Sistema Sanitario
facciano uso ”meticoloso, esplicito e coscienzioso della
attuale migliore evidenza scientifica“ durante la loro pratica
clinica quotidiana.
>2. Il termine deriva da Index Medicus (IM), un indice comprensivo
di tutti gli articoli pubblicati su riviste mediche dal 1879
ad oggi. Venne creato dal Dr. John Shaw Billings, direttore della
Library of the Surgeon General's Office dell’Esercito degli
Stati Uniti. Questa biblioteca più tardi si é trasformata nella
United States National Library of Medicine.
>3. L’Impact Factor (IF) é la misura delle citazioni delle riviste
scientifiche e di scienze sociali e spesso coincide con l’importanza
della rivista nel suo specifico settore. L’IF é stato ideato
da Eugene Garfield, fondatore dell’ISI (Institute for Scientific
Information) attualmente parte della Thomson Corporation,
una delle più grandi case editrici al mondo, con sede negli Stati
Uniti. L’IF é calcolato ogni anno dalla Thomson Scientific per
tutte le riviste da questo ”indexate“ e le liste pubblicate su
Journal Citation Reports. La pubblicazione delle liste, che avviene
d’estate, si riferisce agli IF dell’anno precedente.
>4. Un giornale medico Peer-Reviewed accetta per la pubblicazione
solo articoli che siano stati controllati da uno o più revisori
che solitamente sono contraddistinti da esperienza, indipendenza
ed anonimato. Il processo di peer-review é un processo
di screening cui vengono sottoposti i manoscritti inviati
ad una rivista scientifica ma anche progetti di ricerca per cui
si richiedano finanziamenti. Tale procedura di revisione incoraggia
gli autori ad attenersi agli standard di riferimento editoriale
per quella determinata disciplina, in modo da evitare - o
meglio prevenire - la disseminazione di dati irrilevanti, affermazioni
ingiustificabili, interpretazioni inaccettabili e opinioni
personali. Tutte le pubblicazioni che non sono sottostate ad
un processo di peer-review dovrebbero essere sempre guardate
con diffidenza da parte di ricercatori e professionisti del
settore.
>5. Nel 1979 i principali editori di riviste scientifiche si sono riuniti
a Vancouver ove hanno dato vita all’International Committee
of Medical Journal Editors (ICMJE) e stabilito dei requisiti
comuni per la stesura di un manoscritto scientifico. Tali requisiti
sono molto più ampi della sola veste editoriale di un lavoro
(come si debba preparare un manoscritto) ma concernono
anche con l’etica, il conflitto di interessi, la authorship, il processo
di peer-review, la privacy, la pubblicazione on-line, la
corrispondenza, la registrazione dei trial randomizzati. I requisiti
uniformi sono stati aggiornati nell’ottobre del 2008. Si rimanda
al sito della ICMJE per una lettura completa di tutto il
documento del gruppo di Vancouver: www.icmje.org.
>